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46 i - edmenegarda

libero tanto, ed è movenza e luce
del suo creato! L’avvenir?... Chi ’l vede?
Chi può giurar sull’avvenir? Chi giura
215s’ei domani vivrá? se questo sole
splenderá sulla terra? Ama la tigre
il suo compagno; ma, se amor la volge
naturalmente ad altre gioie, è stolto
chi ne la incolpa. E l’uom misero ardisce
220emendar la natura? Ama il selvaggio
la donna sua; ma talamo è la rupe,
talamo il lido ai non vietati amplessi,
che fan forte l’amore. E senza lacci
sono i turbini e l'onde. E chi le doma
225stará sempre in catene?... Oh è ben scaduta
questa di belve incivilita plebe! —
     Lette in infauste pagine, e dai labbri
del suo Leoni mille volte udite,
tai cose ed altre a sé dicea la donna.
230Non qual chi pensa in sicurezza il vero,
ma qual chi tenta, con la mente ardita,
suadere al cor che ogni paura è tolta.
     E non sapea che quell’incerto moto,
quel senso vago, quella nube arcana,
235che le errava sull’alma, era il piú grande
de’ mortali spaventi, era l’occulto
sentimento di Dio.
Fu di Leoni
cosí cortese, dilicato, intenso,
previdente l’amor, che al caro volto
240rifioriron le rose e un novo raggio
vestí gli occhi diletti, e le rivenne
desiderio dei fior.
Furono in breve
quelle stanze un profumo, una celeste
musica di colori, un inusato
245tesor di pompe. E qua serici drappi