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290 viii - da «storia e fantasia»



     Io, spinto fra le cattedre
di Caifa e di Pilato,
che far potea? Sugli ómeri
mi son ravviluppato
85la veste d’Ecce homo;
e, pubblicando un tomo,
spiegai, bruchetto incognito,
l’ali iridate al sol.


     Greche e romane forbici
90fûr su quell’ale in guerra.
Quanto superbo scandalo
fra i Danti di mia terra!
Dalle laringi dotte
schiattar pustéme e gotte;
95diede itterizie e coliche
di quel bruchetto il vol.


     Senza sentir piú redine,
senza voler piú freno,
corsi a Milan col rotolo
100di Edmenegarda in seno,
e a ricercar mi mossi
Manzoni, il Torti, il Grossi,
e, assunto al tabernacolo,
fissai la trinitá.


     105Ed ella, austera e candida
come le sante cose,
al novo catecumeno
covò le prime rose.
E, quando acuta e fina
110me ne ferí la spina,
ebbi alle piaghe i dittami
talor della beltá.