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ii - la passeggiata 235



     Sfumar vide i sogni amanti,
come nebbie della valle,
e, spossato a mezzo il calle,
80di morir desiderò.


     Deh! ciò avvenga. A questa guen
cupa, eterna, il cor mi cade.
Letto angusto in poca terra
chiedo, e pace all’ombre in sen.


     85Sotto il vel delle rugiade
dormirá la creta stanca,
e ai dolor del dí che manca
sará premio il dí che vien.


     Viator, che sotto al faggio
90pigliò sonno in tetra selva,
e al rosato e fresco raggio
del mattin si risvegliò,


     piú non teme abisso o belva,
esce all’aure, al sol ridente,
95ed un sogno è della mente
ogni rischio che passò.


     Come pia sará la mano
che mi scavi il nido oscuro,
fuor degli uomini, lontano
100da fastidio e vanitá!


     Fregi e simboli non curo
sulla povera mia pietra:
senza lauro e senza cetra
tuttavia si dormirá.