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Conte.

La tua felicità è quella di Camilla, è la mia, caro Enrico; e non la gustiamo soavemente noi quattro? — Vivaddio! quella signora contessa....

Camilla.

Oh! papà, perdonate alla mamma. — Anche noi abbiam forse dei torti....

Conte.

Noi? — via, non voglio rattristarti; stattene allegro, Salvi; tutti i miei affetti ormai alloggiano in casa tua: come potrei accorgermi di ciò che manca nella mia?

Maria.

(sorridendo). Oh! non difettate di ospiti, ragazzi miei.

Salvi.

Fosti già al tuo palazzo? (al conte).

Conte.

Giungo direttamente dalla ferrovia.

Salvi.

Ma, la contessa non potrebbe essere....

Camilla.

(con premura). Sì, sì, ella può essere a casa nostra....

Conte.

Può darsi poichè senza saperlo ho indicata questa casa al cocchiere: davvero m’imaginava che tutti dovessero fare lo stesso.