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della ragion di stato - ii 89


questo cosí diceva: «Perciò piacque ai nostri antichi di rinnovare ogni anno le dignitá: acciò uno con la lunghezza della dignitá non si facesse insolente, e il compatirle a molti moltiplicasse l’allegrezze». I re di Francia ogni dí provano l’inobedienza de’ prencipi, a’ quali commettono il governo delle provincie, per concedergliene in vita anzi con successione a’ figliuoli. E per questo Aristotele riprese la republica de’ spartani. E questa fu la causa perché Augusto ritrovò nuovi offici, acciò piú cittadini partecipassero dell’amministrazione della republica.

Non permetterá che alcun cittadino potente facci azioni publiche, con le quali si acquisti l’applauso del popolo a sue spese; e per questo Tiberio non permetté che i tribuni della plebe a sue spese facessero i giuochi gladiatori, ma volle che si facessero tolto il denaro dalla tesoreria imperiale: acciò con questa popolaritá la republica non tornasse al suo primiero stato.

Inoltre con gran prudenza politica Augusto provvide, che i consoli e i pretori, li quali al tempo della republica, avendo avuto in sorte una provincia, finito il consolato o la pretura ritornavano con imperio in quella provincia, deposta la dignitá se ne restassero per cinque anni, avanti che andassero nella provincia: il che egli ordinò a questo fine, acciò quella alterigia e ferocitá d’animo, che avevano concepita e imbeverata per la grandezza di quella dignitá, con quella vita privata di cinque anni si moderasse.

Per questa medesima causa credo io, che i prefetti del pretorio, che prima erano uomini militari, essendo che tale officio era, come dice Zosimo, troppo grande, e vicino allo scettro, furono mutati in uomini da toga e giureconsulti: parendo agli imperatori esser cosa di troppo pericolo dar tanta potenza ad uomini militari, per ben che fossero ancora di basso nascimento.

Cap. XXIV — Perché Tiberio continuò i magistrati, né gli fece annui, come si è mostrato doversi fare per ragion di stato regia.

Cap. XXV — Altri ammaestramenti della ragion di stato regia circa i nobili, che non gli machinino contra.

Cap. XXVI — Che le fortezze sono utili, e non dannose.