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della ragion di stato - ii 79


Egisto: Non intrat unquam regium limen fides, e il medesimo nel Tieste: Ubicumqne tantum honesta dominanti licent, precario regnatur; e quello che scrisse Ciaudiano: Nunc qui foedera rumpit, ditatur; qui servat, eget. E perciò diceva Cicerone nel terzo Degli uffici: «Queste sono le cose che conturbano alcuna volta i prencipi nelle deliberazioni, quando quello, nel qual è violata l’equitá, non è molto grande; e quello che indi si acquista, pare gran bene: e questi tali ancora appoggiano questo lor pensiere sul detto di Giason tiranno de’ tessali: essere necessario, che nelle cose picciole si mostrassero ingiusti que’ prencipi, che nelle grandi volevano osservare la giustizia». Onde Platone nel terzo della Republica ragionando del mentire disse: «Si deve far grande stima della veritá; e certamente agli dèi non giova la bugia, ma agli uomini giova in luogo di medicamento: cioè deve permettersi a’ medici publici, ma agli uomini privati non si deve permettere mai». Dunque a coloro specialmente, se ad alcun’altro, che hanno il governo della republica in mano, conviene il mentire, o per rispetto de’ nemici o de’ cittadini, a commun benefício della cittá. Alla quale autoritá di Platone appoggiati i prencipi crederanno agevolmente, che dove hassi da trattare con nemici, non sia disdetto loro, ma senza offesa della coscienza o dell’onore lo possano fare. O quanto ben disse Isocrate nell’Orazione della pace esser corrotti giá di lunga mano i prencipi da’ suoi cortigiani, l’artificio de’ quali tutto si consuma nell’ingannare. Imperciocché, dicono costoro, essendo la condizion umana sempre stata piena di frodi e inganni, né potendo con candore senza offesa gli uomini praticare insieme; perché vicendevolmente non sará lecito ricompensare con inganni gli inganni, e dove non giova la pelle del leone, ripigliarsi la pelle della volpe? Questo insegnò quella mente volpina del Machiavello, quando scrisse: «A quello, che meglio ha saputo usare la pelle della volpe, è meglio successo». Ma forsi questo tale e i seguaci si appigliano alla sentenza di Eufenio appo Tucidide: «Al prencipe niente è ingiusto, che apporti frutto, e utilitá».

Ma quanto sia perniciosa questa cosí fatta opinione, e