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48 ludovico settala


potentati e republiche, e buone e cattive, si sono conservate in quello stato e forma, che o per successione o per elezione hanno ricevuta, o con qualche sua industria, o bene o male, abbino acquistata, che non si possino cavare da qualsivoglia altro scrittore antico o moderno, istorico o politico. Che se alcuno dirá questa materia essere trattata da molti grand’uomini, e perciò esser fatica soverchia: potrò ben io rispondere, molti aver cavati precetti, e politici e di ragion di stato, da istorici, come da Tito Livio e da Cornelio Tacito e da altri, cosí antichi come moderni, ma senza metodo e ordine; né aver distinti i precetti politici da quelli della ragion di stato, né i buoni da’ cattivi; né aver adattati a ciascuna delle sei specie di republica i propri precetti e le sue massime: essendo chiaro, che quelle regole, che converranno alla conservazione degli ottimati, non converranno alla vera republica, né al monarca: né quelle che osserva il monarca o re, in conservar se stesso e il suo stato contro gli ottimati, saranno le medesime che usa per rispetto del popolo. E se son diverse queste regole nelle repubbliche buone, cosí tra di loro, come riguardando altrui; quanto piú differenti saranno le regole e le astuzie che usano le ree, da quelle che usano le buone; e se queste sono differenti tra loro, differentissime saranno tra di loro le male. E pure vediamo per lo piú da’ nostri politici, da questi che formano discorsi tali, ma molto piú da costoro, che cavano da Cornelio Tacito, e da ogni sua parola o sentenza o da azione, o di Tiberio o d’altrui, ivi descritte, massime politiche e precetti di ragion di stato, come universali: o se tolte da consigli o azioni, o di Tiberio o di qualchedun altro degli imperatori, regi, universalmente come buone e convenienti a tal maniera di dominare essere scelte e proposte, non considerato il fine, né se sia buona ne’ buoni re, che l’onesto e il bene devono avere per iscopo, né se Tiberio o altro fa quella azione, o si elegge quell’altra veramente per vera sua ragion di stato, cioè per conservarsi in quella maniera di dominio, che si ha eletta, se non per buona, almeno per utile e conforme al genere del dominare, che si ha proposto. Essendo,