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nota 301


questa è la condizione dell’uomo, basterá conoscerla e viver tra gl’inganni non ingannato. Altri si duole che ’l tempo contrasta con le carte e co’ marmi, e che la può vincer con tutti: giusto dolore della debolezza umana, la qual non perciò ha da cedere, vedendosi che nelle contese non è da riprendersi il vinto come il fuggitivo. Da tanta ragione fui persuaso a seguir talora la difficile e soave impresa dello stil poetico, a che m’è paruto di ritrovarmi disposto».

Dalla lettura di quei versi passando alla meditazione del trattatello in prosa, si viene del resto ancora meglio a conoscere uno spirito profondo e acuto, pieno di senso morale dietro i velami dell’enfasi e del paradosso. Pertanto il Croce, dopo averne illustrato l’importanza nella sua monografia sul pensiero italiano del seicento1, provvide a presentare l’autore e a pubblicare l’arguto scritto in una edizione non venale2, da cui sono tolte queste note ed è stato qui ristampato il testo, con le sole modifiche alla grafia richieste (come per la ristampa dello Zuccolo e del Malvezzi) dai criteri della collezione.

La definizione di paradossale, che abbiamo usata, è la piú ovvia per l’originale trattatello. Ma si consideri che in quella prima metá del Seicento, e ancora per qualche tempo dipoi, l’arte del fingere, del simulare e dissimulare, dell’astuzia e dell’ipocrisia, era, per le condizioni illiberali della societá di allora, assai praticata3, e forniva materia agli innumeri trattati di politica e di prudenza. «Multa obvenere hactenus, quae tam simulationem guani dissimulationem involverunt, — scriveva un giovane laureando tedesco che tolse quel tema ad argomento del suo dottorato4partim in scriptis, partim

  1. Storia dell’etá barocca, pp. 156-159; e per la poesia dell’Accetto, ivi, pp. 326-327.
  2. Torquato Accetto, Della dissimulazione onesta, 1641), con prefazione di B. Croce; Bari, Laterza, 192S: nel primo anniversario della morie di Luigi Laterza; edizione di 300 esemplari numerati fuori commercio; pp. xi-72, 8°.
  3. L’Eritreo, scrivendo di Muzio Ricerio; «magna ille — dice — in omni sermone liberiate atque licentia uti:... quae ab aulae ambitione et ab his moribus, quibus nunc utimur, maxime aliena existimantur, nam falsos fieri atque aliud clausum in pectore, aliud in lingua proptum habere, summa prudentia dicitura (Pinacotheca, Colon. 1645, I, 111
  4. De simulatione et dissimulatione olim et hodie usuali, superiorum indultu pro loco inter philosophos aliquando obtinendo H. L. Q. C. d. xii octobr anno MDCCIX disputabit M. Carl. Gottofr. Ittig, lips. (Lipsiae, literis Immanuelis Titii). È in una miscellanea di dissertazioni filosofiche del Sei e Settecento, da me posseduta.