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quando pubblicò il dialogo Il Gradenigo, che (come in esso è detto, nella dedicatoria) fu il «primo parto de! suo debile ingegno»: e di Faenza ricorda ne’ suoi scritti luoghi e persone e costumanze. Fu per «nove anni» alla corte di Urbino presso il duca Francesco Maria II della Rovere, anni che egli chiama (nel dialogo Il Belluzzo ) di «male avventurata servitú per il poco ascendente che hanno gli uomini di lettere appresso i prencipi»,— ma non senza definire altrove (Considerazioni cit., p. 5) proprio il duca d’Urbino come «prencipe raro per acutezza di giudizio, per integritá di costumi, per esperienza di ben governare». In questo soggiorno, che deve porsi tra il 1610 e il 1621, conobbe personaggi cospicui di quella corte e delle prossime cittá, dei quali fa menzione. Nel 1621 era di nuovo in patria e vi fu ascritto all’accademia dei Filoponi, fondata nel 16131, e si fregia di questo titolo nel frontespizio delle Considerazioni. Fece, negli anni prossimi, frequenti soggiorni in Venezia, forse soprattutto per vigilare la stampa dei suoi libri; e sperò per qualche tempo di ottenere una lettura nell’Universitá di Padova, e anche di essere chiamato precettore del figliuolo di Giovan Vincenzo Imperiale, noto uomo di stato e letterato genovese. Ma nella seconda metá di marzo si recò in Ispagna, presso monsignor Massimi, giá vescovo di Bertinoro e allora 11 nuncio apostolico in Ispagna. Non sappiamo quando ne tornasse, ma certo nel 1631 era giá morto (v. bibliografia, n. 10); e la lapide «in antico locata in una sala del palazzo municipale di Faenza» segnava come data di morte il 16302.

Le opere che ci restano dello Zuccolo sono, in ordine cronologico, le seguenti:

1. Il Gradenigo, Dialogo nel quale si discorre contro l’Amor Platonico et a longo si ragiona di quello del Petrarca. In Bologna, appresso

  1. G. Malatesta Garufi, L’ Italia accademica (Rimini, 168S), pp. 1S6-190: dove fra gli accademici faentini è menzionato lo Zuccolo.
  2. Notizie tratte dai mss. di G. M . Valgimigli, nella Biblioteca Comunale di Faenza. Ecco il testo della lapide: «Ludovico Zuccaia — patricio Faventino — oratori disertissimo Apollinis et Musarum — corypheo — doctissimis quibus libet bonar, artium cultoribus — aequiparando — Epidaurum ad publícum docendi onus vocato — Francisco Mariae Urbinatum duci — litteratorum Mecenati — ob virtutis eminentiam clarissimus — Considerationum politicarum et moralium doctissimo scriptori — De honore De nobilitate De gloria De amicitia — De Italico carmine aliisque quamplurimis academicis rebus — eruditissime dissetenti — S. P. Q. F. concivi — qui De amore optime conscnpsit — in amoris testimonium posuit. — Obliit anno MDCXXX».