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268 virgilio malvezzi


sicurezza, e, ingannati poscia dal nostro desiderio anziché dalle sue promesse, la chiamiamo fallace e falsa; e non sarebbe fallace, se non la facessimo, né falsa, se non la falsificassimo. Ella non inganna, lascia perplessi senza determinare. Chi si determina, la muta in credenza (S., 253).

XX

La dolcezza della commozione
nei pericoli e travagli degli amici.

Non vi è persona che ami, se intensamente ama, che non arrivi talvolta, quando piú frenetica, a contemplare l’amico in mezzo dei travagli e dei pericoli, non senza compiacenza di tale imagine, per donde crede palesarebbe la finezza del suo affetto o cavandolo dalle afflizioni o seguendolo nelle miserie. Se questo desiderio, solo contemplato, aggrada, che fará pratticato? Produrrá un dolore pieno di diletto, che piú tosto intenerisce con dolcezza che affligga con affanno il cuore, da dove cava lagrime sí, ma però soavissime. Quindi è che talvolta quegli in cui cade per essenza il travaglio, con gli occhi asciutti rimira gli altri, che solo per consenso lo partecipano, abbondantissime lagrime versare. Manca in lui quella parte di gusto che apre e dilata le cateratte al pianto, ristretta e sigillata dall’acerbitá del dolore. E perché l’affezione non è propria di lui, ma in lui da quella dell’amico come imitazione prodotta, avrá di piú un tale diletto che da questo o non mai o rarissime volte si disgiunge. Duolsi veramente quell’ottimo istrione che nella scena caso tragico racconta, e, se non si duole veramente, non rappresenta isquisita; e, se si duole, chi dirá che non sia un dolcissimo dolore dalla gustosissima imitazione originato? (C., 305-6).