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dal «tacito abburattato» 241


dell’irascibile. Ma per ispianarsi la conquista, tanto nobil quanto malagevole, dell’esser par negotiis, l’osservazion de’ tempi sopra tutto gli fa profitto: pregio che, sí come sopra ogni altro, che il facesse dio della destrezza, era vantato da Mercurio con la lira di tre corde, le stagioni tre dell’anno simboleggianti, cosí ancora piú di ogni altro facea meritare il titolo di dèi a’ re di Persia, che col far la primavera in Susa, il verno in Babilonia, la state in Media, di saper accomodarsi e osservar i tempi significavano. Sa ben egli, come che non abbia quelle sette anella, che segnate col vocabolo di sette stelle Apollonio in dito variavasi, secondo ch’era ciascun di essi anelli con ciascun de’ giorni della settimana caratterizzato (dono fattogli dal re Iarca): sa ben egli, dico, riconoscer di ogni tempo e di ogni congiontura l’ascendente predominante. Onde se Tetide amerá d’indurre Achille a vestir gonna, meglio egli di ogni altro la consiglierá a tentar l’impresa, non quando il feroce giovinetto ancor si gira in mente la spelonca e i virili ammaestramenti di Chirone e le inumane fiere de’ boschi Tessali, ma quando, fittaglisi giá nel cuore la sembianza dilicata della bella Deidamia, conosce altro partito, ad ottenere di esser uom con essa, non trovarsi piú adattato che l’esser donna; posciaché, se prima, qual cavallo che, per lungo tempo avezzo a libero diletto di campagne e boschi, sdegna sottometter al signoril morso l’alta cervice, lui ancora inesorabil rende

           genitorque roganti,
          nutritorque ingens, et cruda exordia magnae
          indolis:

combattuto per contrario dalla madre quando giá l’amata il vince,

          mulcetur, laeiusque rubet, visusque superbos
          obliquat, vestesque manu leviore refellit.

Credi tu, che s’ei di notte avrá da andar furtivo tra nemici a luna piena, qual Eurialo vestirá armatura lucida e tersa? Credi tu, che ritrovandosi col principe, cum venari volet ille, poemata