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dal «tacito abburattato» 235

V

DISCORSO DECIMO

Argomento.

Fine anni Poppaeus Sabintts concessit vita, modicus originis, principum amicitia consulatum ac triumphale decus adeptns; maximisque provinciis per quatuor et viginti annos impositus, nullam ob eximiam artem, sed quodpar negotiis, neque supra erat. ( Annalium, liber VI).

Alla madre di Apollonio tianeo, mentre era gravida di lui, comparve in sogno Proteo, e cosí le disse: — Me medesimo tu, o donna, partorirai: cioè a dire, in quella guisa ch’io far posso tutto ciò ch’io voglio, perciocché ogni cosa e fiera ed uomo ed acqua e pietra e fuoco posso farmi, cosí ancora sia che da te nasca un uomo, il quale col sapersi confrontar con tutti i luoghi e tempi e affari e geni, essendo al tutto eguale, avrá l’arbitrio in mano pur d’ogni cosa. — Or, per avverar il vaticinio, quale fu egli? Fu Apollino un di que’ saggi, sopra cui l’antichitade piú che sopra qualunque altro, inarcò le ciglia. Mischiò insieme pratica e speculativa con sí nobil tempra, che divennero fomento, non impedimento l’una dell’altra. Scorse il mondo al pari di Alessandro, ma non pago, come questi, di girarne sol la superficie e porlosi sotto le piante, con perfezione di conoscimento penetrollo nel midollo, e messolosi in capo, quindi trasse l’arte di esser nuovo Proteo con esser tutto.

E cotale abilitade oserá Tacito cacciarla da quell’arti, che del titolo di egregie ed eccellenti vanno superbe? nulla eximia arte sed quod par negotiis, nec supra erat? E qual mai fu l’arte sí miracolosa che potè con essa un gran profeta toglier