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dal «tacito abburattato» 231


presso il re gioconda si era ogni cena; di Pizio, che chiedendo a Serse la vacanza dalla guerra per un sol figliuol di cinque che ne aveva, dopo aver per ordine del Re quel scelto, che piú gli piaceva, il vide in due partito, e per le miserabili metadi, appese da ambe parti del cammino, passar lo esercito; di uno Amano, dal seder e quasi che giacer sul letto del Re stesso, subito saltato sopra infame forca; di uno sfortunato Clito, quasi padre venerato da Alessandro, poi trafitto in un momento dallo stesso con mortal lanciata; di un famoso Belisario, dispensante testé palme, tirator degli occhi stupefatti di tutto il mondo, adesso privo de’ suoi propri, accattante un tozzo: il favellar di questi dico, e di trecento altri tali, per lievissime cagioni fulminati da piú fieri strali regi, fora un abusar le vostre orecchie; quindi a un sol Seiano, in cui s’adunan quante circostanze possan dar rilievo alla veracitá della mia opinione, ristringerommi. Dirò molto in poco. Consumò sopra di lui tutte le stelle piú efficacemente favorevoli l’intiero cielo. Il bramar di farsi imperatore fu necessitade in lui, non elezione, conciosia che non si permettendo starsi ozioso al desiderio umano, trattone l’impero, nulla a lui mancava in questo mondo. Trionfavano gli antichi duci in Roma due o tre volte alla lor vita: egli in Roma trionfava ogni dí di Roma, che per il giogo di Seiano s’era tutta unita in quel sol collo, che Caligola le desiava per la sua scure; onde benissimo quei disse: Seianum in cervices nostras non imponi, sed ascendere. Il giurar per lo suo nome era un giurar per Giove: i piú sacrosanti asili eran le sue statue, ad una delle quali venia dato per ufficio di calcar le ceneri del gran Pompeo. In somma, conciosia che il trono non capisse due regnanti, cioè a dir l’imperatore e lui, quegli che ritirossi in Capri, e cedé all’altro il luogo, non fu Seiano. Sembrava egli questi ben alzato ed internalo e rassodato e inviscerato nel midollo della grazia del suo padrone? Chi averia creduto poter mai trovarsi ariete, fulmine, o bombarda, o terremoto, che osasse scuoterlo? Piú tosto si saria aspettato, che cadessero dagli epicicli loro le pianete, che di Encelado alle scosse Mongibello, od Etna, si rovesciasse, che al soffiar di un zeffiretto