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146 torquato accetto

accorgono della strada ch’è verso il precipizio. Quelli che hanno vera cognizione dell’istorie potranno ricordarsi del termine a che si son condotti gli uomini alli quali piacque di misurar i loro consigli con sí fatta vanità, e da quanto va succedendo si può veder ogni giorno il vantaggio del proceder a passi tardi e lenti, quando la via è piena d’intoppi. Da questa considerazione mi mossi a trattar di tal suggetto, e mi son guardato da ogni senso di mal costume, procurando pur di dir in poche parole molte cose; e se in questa materia avessi potuto metter nelle carte i semplici cenni, volentieri per mezzo di quelli mi averei fatto intendere, per far di meno anche di poche parole. Ha un anno ch’era questo trattato tre volte piú di quanto ora si vede, e ciò è noto a molti; e s’io avessi voluto piú differire il darlo alla stampa, sarebbe stata via di ridurlo in nulla, per le continue ferite da distruggerlo piú ch’emendarlo. Si conosceranno le cicatrici da ogni buon giudizio, e sarò scusato nel far uscir il mio libro in questo modo, quasi esangue, perché lo scriver della dissimulazione ha ricercato ch’io dissimulassi, e però si scemasse molto di quanto da principio ne scrissi. Dopo ogni sforzo di ben servir al gusto publico, io conosco di non aver questo, né altro valore, e solo ho speranza che sarà gradita la volontà. In questa è l’uomo, e già disse Epicteto stoico: Quandoquidem, nec caro sis, nec pili, sed voluntas.

Viva felice.

I.

Concetto di questo trattato

Da che ’l primo uomo aperse gli occhi, e conobbe ch’era ignudo, procurò di celarsi anche alla vista del suo Fattore; cosí la diligenza del nascondere quasi nacque col mondo stesso, ed alla prima uscita del difetto, ed in molti, è passata in uso per mezzo della dissimulazione; ma considerando l’odio che si tira appresso chi mal porta questo velo, e che nel bel sereno della vita non si dee dar luogo all’importuna nebbia della menzogna,