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della ragion di stato - vi | 131 |
voce né stiano presenti. Perché cosí quasi partecipi del consiglio restano contenti, ma ingannati, perché nello stabilimento
non restano partecipi di quel che piú importa.
Anzi per fargli piú contenti, e sussequentemente piú obedienti, dice che si potrebbe ancora concedere l’autoritá di assolvere; purché tutta la potestá di condannare restasse negli oligarchi, essendo molto piú di importanza l’autoritá di condannare: se bene per il piú è usato il contrario nelle cittá, essendo consueto che il prencipe o i pochi assolvino, e che si riferisca alla moltitudine, quando ha da seguire condannazione; e nelle republiche e nelle democrazie, come a Roma, non si poteva condannare un cittadino in vigore delle leggi delle dodici tavole, se non nei comizi centuriati pienissimi e massimi. Il quale istituto di concedere a’ pochi piuttosto l’assolvere che il condannare, penso che la causa sia tolta dall’umanitá; per la quale per natura siamo piú inclinati ad assolvere che a condannare. Ma nell’oligarchia Aristotele persuade il contrario esser piú utile; perché in tale republica sempre è piú utile che la maggiore autoritá e potestá resti presso il minor numero, cioè la condannazione a’ pochi, e l’assoluzione pervenga a’ molti. Con tutti questi modi si gratifica la plebe, e si assicura il dominio de’ pochi potenti.
Ma di piú da tutti i collegati dominanti si considereranno gli andamenti di ciascuno di loro: se vi sia alcuno, che pian piano si vadi avanzando in padronanza, come in procurare troppo spesso i magistrati, o quelli di maggiore autoritá; e se ne’ voti pretenda la sua voce preponderare; se facci, come da noi si dice, broglio, per prevalere nell’ottener magistrati, o con i colleghi, se da loro si fa l’elezione, o con il popolo, se a lui è riservata tal cosa. Perché, in caso, bisogna contraoperare, e con bel modo mortificarlo; e se giá si fosse avanzato o impossessato, bisognerá tagliargli le ugne.
Siccome nella prima e seconda specie d’oligarchia non si deve esser troppo rigoroso in ammettere al governo quelli, che sono arrivati all’estimo destinato per le leggi, né trovar scuse per escludergli; acciò troppo non cresca il numero, che suole