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120 ludovico settala


alla sua conservazione, che il permettere che una delle tre parti in maniera accresca o di numero o di qualitá che possa superar le due altre. Tre parti annoverò Aristotele in questa republica: i nobili, o ricchi, i mediocri e i plebei; e volle che in maniera concorressero armonicamente, che se ben tutti alla elezione de’ magistrati concorressero servata l’ugualitá aritmetica, se doveva però conservarsi, giudicò nell’elezione doversi servare l’ugualitá geometrica, dando i magistrati maggiori a quelli, che conoscessero prevalere di bontá, prudenza, e valore: non lasciando da parte almeno in qualche modo e la nobiltá e la ricchezza, e proporzionatamente compartendo gli uffici minori, lasciando alla plebe la voce dell’elezione e i suoi guadagni delle loro arti. Insegnò adunque questo gran maestro, che si come la bellezza e la perfezione de’ corpi è posta in una delle proporzioni delle parti tra loro, e se una eccede, si guasta quella proporzione; e come nell’armonia una voce eccedente sconcia il concerto, cosí avvenire in questa republica: se a poco a poco o in numero o in autoritá crescerá la plebe in maniera, che le altre due parti non possano unite contrapesare, la politía comune si muterá in democrazia. Come ancora occorrerá, se una delle parti per caso in guerra fosse uccisa, come a Tarento, ad Argo e ad Atene scrive esser occorso. Ma perché solo da’ greci pigliamo esempi? Cicerone nel terzo Degli uffici e nel secondo delle Epistole ad Attico e nella quarta Catilinaria ben scrisse, la salute della republica romana tutta esser riposta nella concordia dei tre ordini, de’ quali era composta, senatorio, equestre e plebeo; e dalla discordia di quelli medesimi nascer la rovina. De la quale unione d’ordini perché il primo perturbatore fu Gracco, avendo depresso l’ordine senatorio e inalzato gli altri, fu ancora chiamato il primo distruttore della republica romana. Cosí in Atene Temistocle avendo depresso la fazione degli ottimati e principali, e inalzato i popolari, distrusse la republica di quella cittá politica, e la mutò in popolare e democratica. Il provvedere dunque a questo disordine sará l’andar ben considerando l’accrescimento della plebe, e vedendo che accresca, o sotto specie di tener conto della virtú sceglierne