Pagina:Poeti minori del Settecento II.djvu/198

Misero! che gli vale

vantar di prisca origine

sangue che sdegna eguale,

che dai remoti secoli
35intatto scese a le piú tarde etá?

Che gli vai, se a lui mille

pingui armenti si pascono

ne le soggette ville?

se cento a lui nitriscono
40destrier che il freno ancor tócchi non ha?

Che son di marmi e d’oro

atrii ammirati, o splendide

per italo lavoro

tavole, che respirano
45ne’ colori apellei vita immortai?

Ivi, ahi! ride anco e vive

di lei la bella immagine,

che le felsinee rive

giá fé’ liete, or fa misere,
50percossa d’immaturo acerbo stral.

Vive ella e parla e spira:
Hercolan, per le splendide
tue stanze ancor s’aggira:
io la veggio, né il credulo

55desiro al mio pensiero inganno fé’.

Di pura eterea luce
tutta sfavilla e folgora:
l’astro che il di conduce
si luminoso e fulgido

60del meriggio a la sfera ignea non è.

In sembianze mortali
immortai la palesano
le lievi forme, quali
di vuote ombre volubili,
65che prende industre sonno a colorir.