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i - poemetti 29

e pur di ricongiungersi bramose.
Cosí, partita da veloce remo,
o da possenti notatrici braccia,
l’onda gorgoglia, e ricorrendo a tergo
140risarcir cerca lo squarciato velo.
     Cillenio intanto messaggier, recando
novella in ciel dell’ubbidito cenno,
degli umani descrisse il dolor grave,
onde in selve, tra fiere, e a queste uguali,
145l’un senza pace ognor dell’altro in traccia,
menan la vita disperatamente
preda d’ambasce e di bestemmie e d’onte,
dannando il giorno, che mirâro il sole,
chiaman funesto d’esistenza il dono.
150Un riso acerbo cacciò fuori il padre
degli uomini, e de’ numi, e da quel riso
il piacer tralucea della vendetta.
Quando di mezzo alle stellanti ruote,
tutta atteggiata di soave affetto,
155mosse Pietade, e la seguiano ancelle
con gli occhi in pianto e pallor tinte il volto,
le vacillanti pavide Preghiere,
e disse: — Padre, cui Destino e Forza
sortirono l’impero alto del cielo:
160tu, che l’impari cose adegui, e all’ime
leghi le somme, e le inimiche accordi,
spirando a tutte spirito di vita,
e d’ammirabil tempri ordine il mondo,
a noi facil consenti. Or giá tua voglia
165empié la retto-consigliante Astrea:
giá del malnato Androgino per lei
l’alterezza piegò, mendossi il rio,
che in te commise. Ve’ quai pene ei soffre,
a portar tormentose, a mirar triste,
170da se stesso diviso, e da se stesso
fuor d’ogni speme, e senza posa, attratto.