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s’alzan cent’altre in concerto: rivolgesi sotto
intanto il ferro, stretto in mordente tenaglia.
Ma chi ebbe in sorte la cura dei mantici vanne
e per ogni fianco del concavo monte ricerca,
105onde poter, smosse le rupi, dischiudere a’ soffi
dei turbin sotterranei larghissima porta.
Inverso a Peloro, Flegias tantosto si volge:
gran dèmone, e’ ha di bronzo l’ugne, che ha le corna di bronzo.
E poiché senti il vento, che la vasta Cariddi,
110formato nel rapido suo vortice, manda ne l’Etna,
per le sepolte vie, per fargli l’ingresso piú largo,
fra rupe ficca e rupe le diritte altissime corna;
e cosi, fatta leva, ne stacca orrendo macigno.
In guisa consimile, allo scoppio rimbombante
115dell’ascosta mina si svelle, con alto lamento,
dal suo greppo natio la pesante colonna di marmo:
il minator cauto n’ode lungi il vasto fracasso.
Il vento da l’aperta via rapidissimo sorge,
e ingrossa orribile ne la fiammeggiante caverna.
120AUor s’addoppia l’incendio, e, lunghi beendo
sorsi de l’aura nova, Vulcan furibondo s’innalza,
gli astri minacciando di fumo e di cocente favilla.
Nulla però senton di pena pel caldo novello
i flegentontei artefici, cui sembra susurro
125d’aura leve ogni foco, per quel che addentro li cruccia.
Giá cola a ruscelli, anzi a rivi, nel torrido forno
il bronzo e ’l ferro feritor; giá in concave forme
l’accolgon; per lunghe righe derivando, le lunghe
forman acute spade coli ’aste le falci ricurve.
130Intesson questi graticcila di ferree verghe,
destinata a stridere sotto de le membra roventi.
Al bollente olio caldaie qui fondono; e questi
intreccian catene, e annodano co’ graffi le ferze.
Ciascuno si ingegna provveder de’ tiranni la rabbia,
135quanto al meglio puote. Si suda per molte province,