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314 lorenzo mascheroni

aprí la vela, equilibrò la conca:
100d’affrico poscia al minacciar, raccolti
gl’inutil remi, e chiuso al nicchio in grembo,
deluse il mar: scòla al nocchier futuro.
Cresceva intanto di sue vòte spoglie,
avanzi della morte, il fianco al monte.
105Quando da lungi preparato, e ascosto
a mortai sguardo, dall’eterne stelle
sopravvenne destin; lasciò d’Atlante
e di Tauro le spalle, e in minor regno
contrasse il mar le sue procelle e l’ire:
110col verde pian l’altrice terra apparve.
Conobbe Abido il Bosforo; ebber nome
Adria ed Eusin; dall’elemento usato
deluso il pesce, e sotto l’alta arena
sepolto, in pietra rigida si strinse:
115vedi che la sua preda ancora addenta.
Queste scaglie incorrotte e queste forme
ignote al novo mar manda dal Bolca
l’alma del tuo Pompei patria, Verona.
     Son queste l’ossa, che lasciâr sul margo
120del palustre Tesin, dall’Alpe intatta
dietro alla rabbia punica discese,
le immani affriche belve? o da quest’ossa,
giá rivestite del rigor di sasso,
ebbe lor pie non aspettato inciampo?
125ché qui giá forse italici elefanti
pascea la piaggia, e Roma ancor non era;
né lidi a lidi avea imprecato ed armi
contrarie ad armi la deserta Dido.
     Non lungi accusan la vulcania fiamma
130pomici scabre e scoloriti marmi.
Bello è il veder, lungi dal giogo ardente,
le liquefatte viscere dell’Etna,
lanciati sassi al ciel. Altro fu svèlto
dal sempre acceso Stromboli; altro corse