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II

LA SOLITUDINE.

Felice l’uoni che, a sé bastando e sciolto
da frivoli desir, da vani uffici,
spesso a la turba involasi, raccolto
d’oscuritá tranquilla in luoghi amici !
5Lá noi molesta con romor procace

falsa sovente e sempre mai leggiera
loquacitá, né avvien ch’arte mendace
di vender lodi orecchio e cor gli fera.

Lá fra i diletti non s’affaccia a lui10 sazietá che a se medesma è peso,

né legge il grava di velare altrui
l’augusto ver da cui l’orgoglio è offeso.

Né del potente urta ne’ guardi alteri,
né fraudi ha intorno di rapace gioco,
15o di sordo livor disegni neri

o petti ardenti a non concesso foco.

Ben, dalle colpe lungi e dal timore,
l’alma de’ morti, che ne’ libri è viva,
attento svolge, e del saper l’amore
20le vigili lucerne a lui ravviva;

o il paterno orticel ch ’a industria è grato
visita, e fiori edúca, e forma innesti,
onde a’ sensi delizia in ogni lato
e a* membri stanchi ombra ospitai s’appresti.