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VI
IL PENSIERO.
— Corri, ma presto riedi al caro viso —
disse l’anima un giorno a un mio pensiero;
ed ei, con volo rapido e leggiero,
m’usci per gli occhi e corsevi improvviso.
Ma, poi che in lui quasi in suo trono assiso
un bel decoro amabilmente altero
vide e la rosea guancia e l’occhio nero,
dove, qual lampo in ciel, balena il riso,
fermossi a contemplarlo; e del ritorno
giá dimentico omai, stupido e muto
da quel di sempre gli si aggira intorno.
D’avergli aperto il varco invan si pente
l’anima e il chiama invan: sordo e perduto
nel dolce incanto, ei non si scuote o sente.
VII
I BENI UMANI.
No il posseder, ma lo sperare alletta
l’uom che nel senso e ne l’idea d’un bene
sempre trova minor quello che ottiene,
finge sempre maggior quello che aspetta.
Mesto può fare un cor gioia perfetta,
se è tal, che di maggior tolga la spene:
se non lusinga l’avvenir giá sviene,
nato appena, il piacer che ora diletta.
Per prova il so: t’amai; d’esser amato
presi lusinga, e il tuo futuro amore,
sperato solo, mi facea beato.
M’amasti; il seppi: ah! che in quel sol momento
s’esaurí la natura; or langue il core,
fatto incapace d’un maggior contento.