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142 carlo castone rezzonico della torre

le tese fila con l’erranti dita,
e attonita n’ascolta il tintinnio,
che non sa donde in lei scenda e penetri,
425se pria non tocca del capace orecchio
il flessuoso margine, ed in quello
trasporta il suon che le sedea nell’alma.
Ma, come tocca le loquaci corde,
cosí toccar vorrebbe augelli ed acque,
430e la stridula auretta, e del Tonante
la folgor tòrta, onde rimbomba Olimpo.
Quinci agli uditi suoni ella distende
invan le braccia, e lor s’accosta invano,
e con l’orecchio e con la fida destra.
435quantunque cieca, de’ sonori corpi
la varia sede e le distanze impara.
Alfin la nebbia, ond’era grave il ciglio
dell’amabile ninfa, con un cenno
il creator filosofo discioglie.
440Giá la bruna palpebra in due si fende,
e del celeste fuoco, ond’ebbe vita,
la parte piú sincera entro il bel giro
de’ negri occhi amorosi arde e sfavilla.
Tutta allor s’empie la foresta, e tutta
445l’aura d’un dolce fremito che sembra
un sospiro d’Amor. Germi novelli
mette il rorido suol, che d’esser visti,
poiché gli altri fûr tocchi, ardono a gara,
e sul tremolo gambo a lei fan cenno.
450Zefiro mollemente in dolci nodi
il crin le aggira, e in placida laguna
per farle specchio si ristagna il fonte.
Tratta di sé, per meraviglia, il nuovo
teatro delle cose ella contempla,
455e colla man l’occhio addestrando, i luoghi
e le figure ne conosce, e il moto,
e le varie grandezze. Il tatto agli occhi,