Pagina:Poeti minori del Settecento I.djvu/147


i - poemetti 137

colle due man sul soglio avito alzarsi
il rettor negro delle squadre eroe,
mentre le labbra per mirabil arte
145metteano voce di lungo lamento,
quasi accusando di sua morte acerba
la bionda madre che l’ascolta e plora.
Ma gli altri sensi nel rigor si stanno
del freddo marmo, e l’olezzar soltanto
150di schietto gelsomin, d’aurea giunchiglia,
o d’atro stagno il grave alito cria
piacer nell’inesperta alma o dolore,
le nervee fila dolce vellicando
cogli effluvi, rotondi, o coll’urto aspro
155pungendo d’inclementi atomi acuti.
Tu allor nel duolo e nel piacer le fonti
d’ogni nostra m’additi opra e pensiero,
fonti che il grande stagirita in vista
quasi per nebbia al Peripato pose,
160ma poscia in piú profonda ombra ravvolte
sparvero, e surse dell’innate idee
l’alto edificio, e colá dentro in folla
le vuote astrazion presero corpi,
e di diva beltá, d’eterni rai,
165sublime sognator, Plato le cinse,
finché del ver l’acuto anglo seguace,
con un tranquillo ragionar, le mura
atterrò del fantastico delubro,
e le nude ombre e i lievi simulacri
170galleggianti pel vano aere e le forme
in nebbiosa di Lete aura fûr sciolte.
Io, dietro all’orme tue, l’anglo medesmo,
non che l’oscuro stagirita e quanti
a lento passo misurâr le Stoe
175col cittico Zenon, mi lascio a tergo;
né solo veggo che dal senso all’alma,
qual per ottica cella i pinti rai.