Pagina:Poeti minori del Settecento I.djvu/132

122 carlo castone rezzonico della torre

e dal centro del mondo alfin lo svelle.
Con molta forza l’urta indi, e lo spinge
165sull’ampio calle, che traendo il lume
stampò d’orma immortale Eto e Piròo.
Segue la terra, e variando l’anno
va da se stessa dal monton frisèo
di segno in segno obliquamente a’ muti
170dell’acque un tempo, or cittadin del cielo.
Ma della terra a’ neghittosi perni
Eraclide ed Ecfante, anime audaci,
giá dan di piglio, e rotear sull’asse
la sforzan dall’occaso al lucid’orto,
175e le alternan col moto il giorno e l’ombra.
     Di nuovo, allor, con piú sicura mano
godo impugnar l’agevole compasso,
e, di proporzion la varia legge
fido serbando, in picciol foglio stringo
180il novello degli astri ordine e corso.
     Occupa il sol dell’universo il centro,
e a lui vicino in breve cerchio volge
del celebre Mercurio il picciol globo.
Segue, ma quasi in duplice distanza,
185dí tremolo splendor lampi vibrando,
l’astro del dí, l’astro forier dell’ombre.
Indi la terra non piú pigra, e seco
volve il pianeta; che, sdegnando in pria
d’ogni numero il fren, vagava in cielo
190dell’altre stelle regnator bicorne.
Sola poi vien la rubiconda stella
del fero Marte, e dopo lui l’immenso
Giove, che tanto gli è lontan quant’esso
dal sol due volte. In cosí vasto campo
195forse alcun’altra dell’erranti stelle
ruota da noi non conosciuta, e forse
suo picciol disco, e per gran macchie oscuro,
fe’ si che invan della ritrosa in cerca