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iii - a melchiorre cesarotti | 91 |
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È un retrogrado mar, un sol che debile
grandeggia e cade, un leggier austro e trepido,
se d’Ulisse gli error racconta, e '1 flebile
materno incontro all’atre case, e ’l tepido
ciel de’ culti feaci, e l’indelebile
di Penelope amor fra’ proci intrepido,
e ’l letto della maga e l’arti fetide,
e Calipso, ospital prole di Tetide.
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Or la fiera mi trae dantesca immagine
dello invisibil mondo al trino imperio;
u’ mi disbrama d’ogni arcana indagine
nel tinto senza tempo aer cimmerio
l’accerchiata dolente ima voragine,
il monte albergator del desiderio,
l’inenarrabil ultima letizia,
ove il ben che non termina s’inizia.
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Né il buon toscan, cui di ghirlanda idalia
filosofico amor cinse le tempie,
né oblio que’ due onde superba Italia
l’emula Francia di livor riempie.
Qual piú ricca discorre acqua castalia
le carte inonda al ferrarese, e adempie
quanto può studio e disegnar poetico
di Goffredo il cantor grave e patetico.
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Qual clima, qual etá puote all’ausonico
ciel contrapporre il suo Petrarca, e ’l nobile
carme spirato da furor platonico
che pria nel fango s’avvolgeva ignobile?
A quel divinamente maninconico
cantar s’accende d’onestate il mobile
aer, che impara, e seco ogni erba e foglia,
come somma beltá spegne vil voglia.