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38 | I LIRICI GRECI |
rabili poeti comici, doveva, attraverso la trafila di derivazioni latine, metter capo al glorioso endecasillabo di Dante[1].
Ecco un trimetro di Archiloco, quale, piú o meno, poté risultare nella realizzazione fonica.

Si legga con gli accorgimenti esposti a proposito del dimetro; e si udrà il suono preciso dell’endecasillabo sdrucciolo italiano.
Ora, nulla sarebbe piú falso che immaginare Archiloco «inventore» o «creatore» di questi versi[2]. I ritmi trocaici e giambici doverono esser comunissimi già ai tempi d’Omero.
Ma furono trascurati, forse per il loro carattere popolaresco, dai poeti d’arte, che dedicavano tutto il loro studio ai solenni ritmi dattilici; e visse Omero, il Dante dell’esametro.
Per quanto possiamo dire, però, Archiloco fu l’Omero di questi metri. Raccogliendoli dalle canzoni popolari o dalle elaborazioni di poeti mediocri, egli, con le sue mirabili facoltà musicali, li portò ad una perfezione che fu poi emulata, forse raggiunta da altri, ma superata non mai.
E suoi furono probabilmente gli ulteriori intrecci di ritmi.
Primo, il trimetro giambico alternato col dimetro.
- ↑ Nel Regno d’Orfeo, pag. 225 sg.
- ↑ Come tale è presentato in un classico e prezioso passo del De Musica di Plutarco (28), dove poi gli sono anche attribuiti l’invenzione del cretico: — ⏑— , e quella del peone epíbato: — — — — — , metri che non si trovano fra i suoi frammenti, e che probabilmente non adoperò mai. Sul peone epibato vedi il De Musica di Plutarco, ediz. Weil e Reinach, nota 281.