Pagina:Poeti lirici (Romagnoli), vol. I.djvu/10


\relative c'' \new Staff { \key a \minor \time 2/4 \omit Staff.TimeSignature \cadenzaOn cis4 d8 e \bar "|" d4 cis!8 \fermata r8 }
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{ O ton A -- do -- nin }


E, certo, accanto ai dimetri saranno presto rampollati i trimetri.

Dal raddoppio del trimetro nacque dunque il cosí detto pentametro. Se non che, tra i due trimetri accoppiati si apriva una pausa che rendeva troppo sensibile la duplicità originaria. Con processo che poi vedremo ripetuto in tutti gli altri metri, la pausa fu sostituita da materia sonora: nota o sillaba. E, per simpatia e per bisogno d’equilibrio, anche l’ultima battuta del secondo trimetro accolse un nuovo momento ritmico, una nuova sillaba: Immagine dal testo cartaceo Era cosí nato l’esametro: che, dunque, nella ideal successione dei metri, non precede il pentametro, ma lo segue, e viene da esso generato.

Ma al carattere narrativo e discorsivo dell’antichissima poesia epica e didascalica, meglio d’una sequelà di pentametri, interrotta da pause di tre in tre piedi, conveniva l’ampia fluente solennità dell’esametro. Questo cacciò di nido il suo progenitore, e si svolse glorioso, con Omero e con Esiodo. Il pentametro visse, come del resto tutti gli altri versi, durante il gran fiore dell’esametro (vedi prefazione ad Archiloco), una sua vita oscura, piú specialmente limitata dalla sua palese incapacità di vivere come verso a sé. Finché poi, esaurite con Omero tutte le possibilità dell’esametro, e sopravvenuta, anche per l’abbondanza degli epígoni, qualche sazietà delle sue sequele uniformi, il pentametro fu chiamato ad alleggerirle, intercalandosi fra gli esametri, uno ad uno.