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D’Obizzo Estense, ma laddove il ferro
500Sempre sovrasta del vicin Gonzaga
E del Visconte, e queta alba non sorge;
E varcan per Bologna, ove l’acciaro
Stendon robusti i Pepoli, ma dove
Da’ nemici de’ Pepoli ogni notte
505S’alza tumulto, e pallidi il mattino
I passegger pacifici bagnate
Veggion di sangue cittadin le vie,
Od appesi alle forche i ribellanti.
     — Salve, Fiorenza! un dì sclamò Roccello
510Con ardente esultanza, allor che alfine
Vide sulla pendice i generosi
Tetti della repubblica più ardita
Che in cor d’Italia splenda. A te serbata
Di tutta Etruria è signorìa secura,
515Dacchè il ciel maledetta ha l’esecranda
Torre di Pisa, ove perìan di fame
I figli d’Ugolin: Pisa, già donna
Di tanti mari e terre, oggi da guelfi
E ghibellini lacera e da nuovi
520Ospiti protettori ogni dì spoglia.
Salve, o patria di vati e di guerrieri,
Che non han pari altrove! Oh, finalmente
Avrà qui posa il mio agitato spirto,