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     Tutti svelando de la medic’ arte,
     Col taciturno meditar, gli arcani,
     Onde i degni del cedro aurei volumi,
     20Emulator del gran Vecchio di Coo,
     Spirto immortal, del saper tuo spargesti.
     Diran qual ampia da tuoi labbri uscìa
     Nobil facondia, che qual aura dolce
     L’atre nubi fugando, a l’alme oppresse
     25Da funesti terror porgea ristoro;
     Ne taceranno come tu scendendo
     Da più alti pensier talor solevi
     Di testuggin febea trattar le corde;
     O come a te risero amiche anch’esse
     30L’arti sorelle, che a le rozze tele
     Spiran con dolce incanto, a’ bronzi, a’ marmi,
     Vergognando natura, anima e moto.
     Udran dolenti de’ tuoi dì sì cari
     L’acerbo fato le contrade tutte
     35D’Italia usate a ricercar soccorso
     A te da lungi ancora, e de la Senna,
     E de l’Istro l’udran meste le rive,
     Ove già corse de’ tuoi merti il grido.
     Ma il duol, che strazia a la tua Patria il core,
     40È il tuo vanto maggior. Vedila starsi
     Col crin sparso ed incolto appresso a l’urna,
     Che il cener tuo rinserra, e in essa immoti