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II.


Ella ove incurva il ciel piú alto l’arco
Fermossi, e ’l viso a la città distese.
Mirò l’itale insegne, e l’occhio carco
4Di lacrime in un riso almo si accese.

Ma, come d’atro velo ombrate e offese
Vide, Quirin, la tua, la tua, San Marco,
De l’immortale amore al sen raccese
8Sentí le punte, e ruppe a l’ira il varco.

— Ahi, serva Italia, di dolore ostello!
Ancor la lupa t’impedisce, e doma
11Gli spirti tuoi domestico flagello.

Mal rechi a l’Arno la mal carca soma:
Non questo è il nido del latino augello:
14Su, ribelli, e spergiuri, a Roma, a Roma —