Pagina:Poemetti italiani, vol. X.djvu/87


83

Dell’Alcorano vincitor fumoso.
Che se la terra a nostre voglie avara
Nega vene d’argento, nè tra noi
Volgon torbidi d’oro i rivi, e i fiumi;
Ben Saturno ne diè benigno e largo
Dello Sveco miglior Bresciano ferro,
Utile in pace, utile dono in guerra.
Ferrea è la curva falce, e ferrea morde
L’ancora il lido, e soggiogò mai sempre
I rilucenti d’or popoli imbelli,
” Gente di ferro, e di valore armata.
Che più, signor? lungo la Brenta erbosa
Dai folti armenti a noi morbide lane.
Tende rustica Clori. I Ceneresi1
Bachi filano a noi lucide sete,
Degne dell’ago di Minerva. A queste
Non m’anteponga alcun quelle, che mira

  1. Quanto è giusto e fondato l’Elogio che il celeberrimo Autore fa dell’invittissimo Re nostro Carlo Emanuele III di fel. mem. altrettanto è insussistente la preferenza ch’egli qui da alle sete delle Venete regioni sopra le nostre, che di universal consenso passano per le migliori dell’Europa. Non potevamo trasandare senza questa osservazione un articolo di commercio che tanto interessa la causa publica della nostra Patria.