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vine pupille! — Per me s’erano convertite nelle gemine stelle di Leida, ed era divenuto per esse il più fervente, il più appassionato degli astrologhi.

— Quegli occhi!

Tra le innumeri ed incomprensibili anomalie della scienza psicologica non si dà caso più strano, più eccitante di quello (negletto, secondo me, nelle scuole) in cui, negli sforzi da noi fatti per richiamarci in mente una cosa da lungo tempo obbliata, ci troviamo sovente allo stesso punto, punto del ricordo, senza tuttavia aver potuto mai scindere un lembo del ricordo stesso. Ed oh! quante volte in simil guisa, nell’ardente mia analisi degli occhi di Ligeia, non ho io sentito appropinquarsi la completa conoscenza dell’espressione loro? Io la sentiva, sì, la vedeva avvicinarsi, ma essa non si è mai tutt’affatto disvelata a me, e nella lunghezza dell’attendere andò intieramente in dileguo! Ed oh strano, stranissimo dei misteri! più volte mi fu dato rinvenire tra gli oggetti più comuni di questa vita una serie di analogie per così fatta espressione! Mi spiego: dal tempo in cui la beltà di Ligeia attraversò il mio spirito e, quasi sacro oggetto in reliquiere, vi ste’, attinsi da varj esseri del mondo materiale una sensazione analoga a quella che diffondevasi sopra di me, in me, sotto l’influsso delle sue ampie luminose pupille. E tuttavia io non mi trovo più capace nel definire questo sentimento, nell’analizzarlo e anche nell’ottenerne una percezione esatta, netta. Tale sentimento, lo ripeto, l’ho qualche volta riconosciuto all’aspetto d’una vigna rapidamente crescinta, — nella contemplazione d’una falena, d’una farfalla, d’una crisalide, di uno stesso corso di precipiti acque. Lo rin-