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cacciargli in gola con un’immediata violenza personale l’insultante linguaggio, se la mia attenzione non fosse tosto rimasta colpita da un fatto della più meravigliosa natura. Il pastrano recatomi, è inutile il dica, era foderato di pelli sopraffine, di una vera rarità e di un prezzo straordinario. Il taglio poi, di mia invenzione, era tutto di fantasia, avvegnachè in simili frivolezze io fossi molto e molto difficile, spingendo i miei gusti di Ganimede sino ai limiti dell’assurdo. — Allorchè, dunque, il signor Preston mi presentò quello da lui raccolto per terra vicino la porta della camera, mi sentii come agghiacciato dallo stupore, accorgendomi che io già teneva il mio sul braccio, intorno a cui senza neanco addarmene avealo ravvolto, — e che il nuovo offertomi era un’esatta esattissima contraffattura, in ogni sua più solide particolarità. L’essere singolare da cui per mia fatale sventura era stato smascherato, era avvolto, ben lo ricordo, in un palandrano; e mi ricordo altresì che, fra tutti, io solo era venuto al giuoco con tale soprabito. — Che fare? Serbai il più che potei la mia calma di spirito, presi pur quello offertomi da Preston e, senza che alcun vi badasse, lo soprapposi al mio; quindi vibrato uno sguardo di sfida e di minaccia, mi slanciai fuor della sala.
Quello stesso mattino, per tempissimo, lasciai precipitosamente Oxford, avviato al continente, in una vera agonia di orrore e di onta.
Ma io fuggiva invano. Il mio maledetto destino mi perseguitò trionfalmente, provandomi che il suo misterioso potere sino a quel dì erasi appena fatto sentire. In fatto, appena messo piede in Parigi, io ebbi una prova dell’interesse detestabile di