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sitarla dei più vivi ed ardenti piaceri. La natura ha dato loro fibre più delicate e più sensibili delle nostre, e però le loro sensazioni vivissime, non possono essere che fugaci; elleno non possono sopportare lungamente l’impero d’una passione, che deve in loro ammorzarsi con la rapidità medesima con cui si desta. Capaci di quelle azioni ove il decidersi e l’eseguire succedonsi rapidamente, sono poi incapaci di sopportare a lungo dolori e mirare al conseguimento di un fine con attenzione profonda e prolungata; brillano sì, ma non grandeggiano.

L’amore nelle donne ha un carattere diverso che nell’uomo; l’uomo s’accende delle bellezze della donna e desidera fortemente; la donna invece è presa dall’amore che inspira, non desidera, ma brama di essere desiderata. Dante, parlando di Francesca, ha espresso questa idea:


               Amor che a nullo amato amar perdona
               Mi prese del costui piacer sì forte,


di quì il pudore, che accresce in altri il desiderio. Epperò la preponderanza dell’amore sulle altre passioni, aggiunte alle cure ed agli incomodi di dovere esser madre, la rendono inabile al governo ed alla milizia; quindi essa non potrebbe aver voto nelle cose pubbliche. Ma, d’altra parte, la natura, avendo create le donne abili a procacciarsi il vivere, le ha dichiarate, perciò, indipendenti e libere; e tale dovrà essere la loro condizione sociale. Esse saranno educate come gli uomini con i riguardi e le modificazioni nel metodo, che si debbono alla gentilezza del sesso. Al pari degli uomini, con eguali diritti, dovranno esser ammesse in quelle società che prescelgono. Probabilmente i lavori da sarto, da crestai, le belle arti, si eserciterebbero da donne.