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film che non vada, sono centinaja di migliaja di lire perdute o che vengono meno.

Oppure Cocò Polacco esclama:

— Bellissimo! Ma questo, caro mio, è un dramma, un dramma perfetto! Successone sicuro! Vuoi farne una pellicola? Non te lo permetterò mai! Come pellicola non va: te l’ho detto, caro, troppo fino, troppo fino. Qua ci vuol altro! Tu sei troppo intelligente, e lo intendi. —

In fondo, Cocò Polacco, se rifiuta loro i soggetti, fa pure un elogio: dice loro che non sono stupidi abbastanza per scrivere per il cinematografo. Da un canto, perciò, essi vorrebbero capire, si rassegnerebbero a capire; ma, dall’altro, vorrebbero anche accettati i soggetti. Cento, duecento cinquanta, trecento lire, in certi momenti... Il dubbio, che l’elogio della loro intelligenza e il disprezzo del cinematografo quale strumento d’arte siano messi avanti per rifiutare con un certo garbo i soggetti balena a qualcuno di loro; ma la dignità è salva e se ne possono andar via a testa alta. Da lontano gli attori li salutano come compagni di sventura.

— Tutti bisogna che passino di qua! — pensano tra loro con gioja maligna. — Anche le teste coronate! Tutti di qua, stampati per un momento su un lenzuolo! —

Giorni sono, ero con Fantappiè nel cortile ov’è la Sala di prova e l’ufficio della Direzione artistica, quando scorgemmo un vecchietto zazzeruto, in cappello a stajo, dal naso enorme, dagli occhi loschi dietro gli occhiali d’oro, la barbetta a collana, che pareva tutto ristretto in sè per paura dei grandi manifesti illustrati incollati al muro, rossi, gialli,