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tua gabbia, una donna a studiare come tu ti muovi, come volti la testa, come guardi. La Nestoroff. Ti par poco? T’ha eletto a sua maestra. Fortune come questa, non càpitano a tutte le tigri.

Al solito, ella prende sul serio la sua parte. Ma ho sentito dire, che la parte della miss «più tigre della tigre» non sarà assegnata a lei. Forse ella ancora non lo sa; crede che le spetti; e viene qui a studiare.

Me l’hanno detto, ridendone. Ma io stesso l’altro giorno l’ho sorpresa, mentre veniva, e ho parlato con lei un buon pezzo.


§ 5.


Non si sta invano, capirete, per una mezz’ora a guardare e a considerare una tigre, a vedere in essa un’espressione della terra, ingenua, di là dal bene e dal male, incomparabilmente bella e innocente nella sua potenza feroce. Prima che da questa «originarietà» si scenda e s’arrivi a poter vedere innanzi a noi uno, o una che sia, dei giorni nostri, e a poter riconoscerla e considerarla come un’abitante della stessa terra — almeno per me; non so se anche per voi — ci vuole un bel po’.

Rimasi dunque per un pezzo a guardare la signora Nestoroff senza riuscire a intendere ciò che mi diceva.

Ma la colpa, in verità, non era soltanto mia e della tigre. Il fatto ch’ella mi rivolgesse la parola, era insolito; e facilmente, se ci parli di sorpresa qualcuno con cui non abbiamo avuto relazioni di sorta, stentiamo in prima a cogliere il senso, tal-