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Prevalsero i consigli dei parenti, e partii per Liegi, dove, con questo baco in corpo della filosofia, feci intima e tormentosa conoscenza con tutte le macchine inventate dall’uomo per la sua felicità.

Ne ho cavato, come si vede, un gran profitto. Mi sono allontanato con orrore istintivo dalla realtà, quale gli altri la vedono e la toccano, senza tuttavia poterne affermare una mia, dentro e attorno a me, poichè i miei sentimenti distratti e fuorviati non riescono a dare nè valore nè senso a questa mia vita incerta e senz’amore. Guardo ormai tutto, e anche me stesso, come da lontano; e da nessuna cosa mai mi viene un cenno amoroso ad accostarmi con fiducia o con speranza d’averne qualche conforto. Cenni, sì, pietosi, mi sembra di scorgere negli occhi di tanta gente, negli aspetti di tanti luoghi che mi spingono non a ricevere nè a dare conforto, che non può darne chi non può riceverne; ma pietà. Eh, pietà, sì... Ma so che la pietà, a dare e a ricevere, è così difficile.

Per parecchi anni, ritornato a Napoli, non trovai da far nulla; feci vita da scapigliato con giovani artisti, finchè durarono gli ultimi resti di quella piccola eredità. Devo al caso, com’ho detto, e all’amicizia d’un mio antico compagno di studii il posto che occupo. Lo tengo — diciamolo, sì — con onore, e del mio lavoro sono ben remunerato. Oh, mi stimano tutti, qua, un ottimo operatore: vigile, preciso e d’una perfetta impassibilità. Se debbo esser grato al Polacco, anche Polacco dev’esser grato a me della benemerenza che s’è acquistata presso il commendator Borgalli, direttore generale e consigliere delegato della Kosmograph, per