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Mi sorse la tentazione di piantarmi su due piedi e di gridargli in faccia:

— Oh sai, caro? Con me la puoi smettere, perchè di te non me n’importa proprio nulla! Tu puoi far tutte le pazzie che ti parrà e piacerà, questa sera, domani: io non mi commuovo! Mi domandi forse quanto può durare una pellicola per farmi pensare che tu lasci di te quella tua immagine col dito su la bocca? E credi forse di dover riempire e spaventare tutto il mondo con quella tua immagine ingrandita, nella quale si possono contare i peli delle ciglia? Ma che vuoi che duri una pellicola?

Scrollai le spalle e gli risposi:

— Secondo l’uso che se ne fa. —

Anche lui dal tono della mia voce, cangiato, comprese certo cangiata la disposizione del mio animo verso di lui, e mi guardò allora in un modo che mi fece pena.

Ecco: egli era qua ancora su la terra un piccolo essere. Inutile, quasi nullo; ma era, e m’era accanto, e soffriva. Pure lui soffriva, come tutti gli altri, della vita che è il vero male di tutti. Per non degne ragioni ne soffriva sì lui; ma di chi la colpa se così piccolo era nato? Anche così piccolo soffriva e la sua sofferenza era grande per lui, comunque indegna... Era della vita! per uno dei tanti casi della vita, che s’era abbattuto su lui per togliergli tutto quel poco che aveva in sè e schiantarlo e distruggerlo! Ora era qua, ancora accanto a me, in una sera di giugno, di cui non poteva respirare la dolcezza; domani forse, poichè la vita gli s’era così voltata dentro, non sarebbe stato