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degli attori di professione, dei direttori Bertini e Polacco, e come si compiace delle loro lodi! Niente paura, dunque, signorina. Tranquillissimo... — Come si spiega? — Ma si spiega forse così, che non avendo fatto mai nulla, beato lui, in vita sua, ora che, per combinazione, s’è messo a fare una cosa e proprio quella che un tempo gli sarebbe piaciuto di fare, ecco, ci ha preso gusto, ci si distrae, invanito.

No? La signorina Luisetta dice di no, s’ostina a dire di no, di no, di no; che non le pare possibile; che non ci sa credere; che qualche violento proposito egli stia a covare, senza darlo a vedere.

Nulla più facile, quando un sospetto di questo genere si sia fissato, che scorgere in ogni minimo atto un segno rivelatore. E ne scorge tanti la signorina Luisetta! E me li viene a dire in camera ogni mattina: — scrive — è accigliato — non guarda — s’è scordato di salutare...

— Sì, signorina: e guardi, oggi s’è soffiato il naso con la mano sinistra, invece che con la mano destra! —

Non ride la signorina Luisetta: mi guarda accigliata, per vedere s’io dico sul serio: poi se ne va sdegnata e mi manda in camera Cavalena suo padre, il quale — lo vedo — fa di tutto, pover’uomo, per superare in mia presenza la costernazione che la figliuola è riuscita a comunicargli fortissima, tentando d’assorgere a considerazioni astratte.

— La donna! — mi dice, scotendo le mani. — Lei, per sua fortuna (e così sempre sia, gliel’auguro di tutto cuore, signor Gubbio!) non l’ha incontrata, lei, su la sua via, la Nemica. Ma guardi me!