Pagina:Pirandello - Quaderni di Serafino Gubbio operatore, Firenze, Bemporad, 1925.djvu/24

— Hai ragione, — disse Simone Pau. — Serio, veramente serio, sai chi è? è il dottore senza collo, vestito di nero, con grossa barba nera e occhiali a staffa, che nelle piazze addormenta la sonnambula. Io non sono ancora serio fino a questo punto. Puoi ridere, amico Serafino. —

E seguitò a spiegarmi, che — tutto gratis, lì. D’inverno, nella branda, due lenzuola di bucato solide e fresche come vele di barca, e due grosse coperte di lana; d’estate, le sole lenzuola, e una lucchesina per chi la vuole; poi, un accappatojo e un pajo di pantofole di tela, con suola di corda, lavabili.

— Bada bene, lavabili.

— E perchè?

— Ti spiego. Con quelle pantofole e con quell’accappatojo ti dànno una tessera; tu entri in quello spogliatojo là — quella porta là, a destra — ti spogli e consegni gli abiti, scarpe comprese, per la disinfezione, che si fa nei forni, di là. Quindi... ecco, vieni qua, guarda... Vedi questa bella piscina? —

Sprofondai gli occhi e guardai.

Piscina? Era un antro mùffido, angusto e profondo, una specie di cava da ricettarvi majali, tagliata nella pietra viva per lungo, a cui si scendeva per cinque o sei gradini e da cui esalava un puzzo ardente di lavatojo. Un tubo di latta, tutto a forellini gialli di ruggine, vi correva sopra in mezzo, da un capo all’altro.

— Ebbene?

— Ti spogli di là; consegni gli abiti...

-...scarpe comprese...