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Tornò a guardarmi più fissamente; mi s’appressò quasi a petto e mi domandò:

— E non volete dire con questo, in un certo senso, che avete anche compassione di me?

— No, signora. Ammirazione. Perchè lei sa punirsi.

— Ah sì? Voi comprendete questo? — disse, alterandosi in volto e con un fremito, come se l’avesse colta un brivido improvviso.

— Da un pezzo, signora.

— Contro il disprezzo di tutti?

— Forse appunto a causa del disprezzo di tutti.

— Me ne sono accorta anch’io da un pezzo, — disse, tendendomi la mano e stringendo forte la mia. — Grazie. Ma so anche punire, credete! — soggiunse subito, minacciosa, ritraendo la mano e levandola in aria con l’indice teso. — So anche punire, senza compassione, perchè non ne ho voluta mai per me e non ne voglio! —

Si mise a passeggiare per la stanza, ripetendo:

— Senza compassione... senza compassione... —

Poi, fermandosi:

— Vedete? — mi disse con occhi cattivi. — Io non ammiro voi, per esempio, che sapete vincere lo sdegno con la compassione.

— In questo caso, non dovrebbe ammirare neanche se stessa, — dissi sorridendo. — Pensi un po’ e dica perchè mi ha invitato a venire da lei questa mattina?

— Credete per compassione di quel... disgraziato, come voi avete detto?

— O di lui, o di qualche altro, o di lei stessa.

— Nient’affatto! — negò con impeto. — No!