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Non voglio negare che la Nestoroff abbia su lui il potere di costringerlo a fare ciò ch’ella vuole. Ma io ho sentito ruggire in lui, e proprio per questa venuta del Nuti, le furie della gelosia. La rabbia, che il Polacco lo abbia designato per l’uccisione della tigre, non gli è sorta per il solo sospetto che egli, il Polacco, si volesse con questo mezzo sbarazzare di lui, ma anche e più per il sospetto che abbia fatto venire apposta nello stesso tempo il Nuti, perchè costui si potesse liberamente ripigliare la Nestoroff. E m’è apparso manifesto che non è sicuro di lei. Come dunque è partito?

No, no: c’è qui sotto, senza dubbio, un accordo; questa partenza deve nascondere un’insidia. La Nestoroff non avrebbe potuto indurlo a partire, mostrando d’aver paura di perderlo, comunque, lasciandolo qui ad aspettare uno, che certamente veniva col deliberato proposito di cimentarlo. Per questa paura egli non sarebbe partito. O, se mai, ella lo avrebbe accompagnato. Se ella è rimasta qui ed egli è partito, lasciando libero il campo al Nuti, vuol dire che un accordo dev’essersi stabilito tra loro, ordita una rete così saldamente e sicuramente ch’egli stesso ha potuto comprimere sott’essa e tenere in freno la gelosia. Nessuna paura ella ha dovuto mettere avanti; e, stabilito l’accordo, avrà preteso da lui questa prova di fiducia, che fosse lasciata qui sola di fronte al Nuti. Difatti, per parecchi giorni dopo la partenza di Carlo Ferro, ella venne alla Kosmograph, preparata evidentemente a incontrarsi con lui. Non poteva venire per altro, libera com’è adesso d’ogni impegno professionale.