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me, perchè gli altri li ho sentiti sempre in me, e m’è stato facile perciò spiegarmeli e compatirli.

Ma il sentimento che ho di me, in questo momento, è amarissimo.

Per causa vostra, signorina Luisetta, che pur siete tanto pietosa! Ma appunto perchè siete così pietosa. Non ve lo posso dire, non ve lo posso far capire. Non vorrei dirmelo, non vorrei capirlo neanche io. Ma no, io non sono più una cosa, e questo mio silenzio non è più silenzio di cosa. Volevo farlo avvertire agli altri, questo silenzio, ma ora lo soffro io, tanto!

Séguito, pur non di meno, ad accogliervi dentro tutti. Sento però che ora mi fanno male tutti quelli che vi entrano, come in un luogo di sicura ospitalità. Il mio silenzio vorrebbe chiudersi sempre di più attorno a me.

Ecco qua, intanto, Cavalena che ci s’è allogato, pover’uomo, come a casa sua. Viene, appena può, a riparlarmi con sempre nuovi argomenti, o per futilissimi pretesti, della sua sciagura. Mi dice che non è possibile, a causa della moglie, tenere ancora alloggiato qua il Nuti, e che bisognerà trovargli posto altrove, appena rimesso. Due drammi, uno accanto all’altro, non è possibile tenerli. Specialmente perchè il dramma del Nuti è un dramma di passione, di donne... Cavalena ha bisogno d’inquilini giudiziosi e composti. Pagherebbe, perchè tutti gli uomini fossero serii, dignitosi, intemerati e godessero un’incontrastata fama d’illibatezza, sotto cui schiacciare il mal’animo della moglie accanito contro tutto il genere mascolino. Gli tocca ogni sera pagar la pena — il fio, dice lui — di tutte le ma-