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sapendola così protetta dalla padrona, non le allungherò mai quel calcio che la sventrerebbe, che la ridurrebbe — le giuro, signor Gubbio — una poltiglia, mi fa con la più irritante placidità tutti i dispetti possibili e immaginabili, veri soprusi: mi sporca costantemente il tappeto dello studio; si trattiene apposta di far per istrada i suoi bisogni, per venirmeli a fare sul tappeto dello studio, e mica piccoli, sa? grandi e piccoli; si sdraja su le poltrone, sul canapè dello studio; rifiuta i cibi e mi rosicchia tutti i panni sporchi: ecco qua, tre fazzoletti, jeri, e poi camìce, tovaglioli, asciugamani, foderette; e bisogna ammirarla e ringraziarla, perchè questo rosicchiamento sa che significa per mia moglie? Affezione! Sicuro. Significa che la cagnetta sente l’odore dei padroni. — Ma come? E se lo mangia? — Non sa quello che fa: così le risponderebbe mia moglie. S’è rosicchiato più di mezzo corredo. Devo star zitto, abbozzare, abbozzare, perchè subito altrimenti mia moglie troverebbe l’appiglio per dimostrarmi ancora una volta, quattro e quattr’otto, la mia brutalità. Proprio così! Fortuna, signor Gubbio, sempre dico, fortuna che son medico! Ho l’obbligo, da medico, di capire che questo sviscerato amore per una bestia è anch’esso un sintomo del male! Tipico, sa? —

Stette a guardarmi un po’, indeciso, perplesso: poi, indicandomi una sedia, domandò:

— Permette?

— Ma si figuri! — gli dissi.

Sedette; riguardò uno dei fazzoletti, scrollando il capo; poi, con un sorriso squallido, quasi supplice: