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E, senza neppur pensare di salutare le signore, prese me per un braccio, mi trasse un po’ discosto.
— È venuto! Non bisogna assolutamente lasciarlo solo! Gli ho parlato di te. Si ricorda benissimo. Dov’hai tu alloggio? Aspetta! Mi piacerebbe... —
Si voltò a chiamar Cavalena.
— Tu affitti due stanze, è vero? Le hai libere in questo momento?
— Eh sfido! — sospirò Cavalena. — Da più di tre mesi...
— Gubbio, — mi disse Polacco, — bisogna che tu lasci subito il tuo alloggio; paga quel che devi pagare, un mese, due mesi, tre mesi; prendi in affitto una di queste due stanze di Cavalena. L’altra sarà per lui.
— Felicissimo! — esclamò Cavalena raggiante, porgendomi tutt’e due le mani.
— Su, su, — seguitò Polacco. — Andate, andate! Tu, a preparare le stanze; tu a prender la tua roba e a trasportarla subito da Cavalena. Poi torna qua! Siamo intesi! —
Aprii le braccia, rassegnato.
Polacco rientrò nella sua stanza. E io m’avviai coi Cavalena, storditi e ansiosissimi d’aver da me la spiegazione di tutto quel mistero.