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qua si troverebbe come nel suo giardinetto, tra le donnette che gli piacciono, artiste come lui, smorfiose e compiacenti! E non si fa scrupolo, farabutto, di mettere avanti la figliuola, di ripararsi dietro la figliuola, anche a costo di comprometterla e di perderla, assassino! Avrebbe la scusa d’accompagnare qua la figliuola, capisce? Verrebbe per la figliuola...

— Ma verresti anche tu! — gridò, esasperato, Fabrizio Cavalena. — Non sei qua anche tu? con me?

— Io? — ruggì la moglie. — Io, qua?

— Perchè? — seguitò senza sbigottirsi Cavalena; e, rivolgendosi a me: — Dica, dica lei, non ci viene anche Zeme qua?

— Zeme? — domandò, la moglie stordita, aggrottando le ciglia. — Chi è Zeme?

— Zeme, il senatore! — esclamò Cavalena. — Senatore del Regno, scienziato di fama mondiale!

— Sarà più pulcinella di te!

— Zeme, che va al Quirinale? invitato a tutti i pranzi di Corte? Il venerando senatore Zeme, gloria d’Italia! direttore dell’Osservatorio astronomico! Ma vergógnati, perdio! Rispetta, se non me, un’illustrazione della patria! È venuto qua, è vero? Ma parli, caro signore, dica per carità, la prego! Zeme è venuto qua, s’è prestato a fare un film anche lui, è vero? Le meraviglie dei cieli, capisci? Lui, il senatore Zeme! E se ci viene Zeme, qua, se si presta Zeme, scienziato mondiale, dico... posso venirci anch’io, posso prestarmi anch’io... Ma non me n’importa niente! Non verrò più! Parlo adesso per dimostrare a costei, che non è