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La vita stessa è un fatto! Quando tuo padre t’ha messo al mondo, caro, il fatto è fatto. Non te ne liberi più finchè non finisci di morire. E anche dopo morto, qua c’è il signor Cesarino che dice di no, è vero? Non se ne libera più, è vero? neanche dopo morto. Stai fresco, caro mio. Andrai a girare la macchinetta anche di là! Ma sì, ma sì, perchè non dell’essere, di cui non hai colpa, ma dei fatti e delle conseguenze dei fatti tu devi rispondere, è vero, sì o no, signor Cesarino?

— Verissimo, sì; ma non è mica peccato, professore, girare una macchinetta di cinematografo! — osservò il signor Cesarino.

— Non è peccato? Lo domandi a lui! — disse Pau.

Il vecchietto e le tre zitellone mi guardarono stupiti e afflitti ch’io approvassi col capo, sorridendo, il giudizio di Simone Pau.

Sorridevo perchè m’immaginavo al cospetto di Dio Creatore, al cospetto degli Angeli e delle anime sante del Paradiso dietro il mio grosso ragno nero sul treppiedi a gambe rientranti, condannato a girar la manovella, anche lassù, dopo morto.

— Eh, certo, — sospirò il vecchietto, — quando il cinematografo mette su certe sconcezze, certe stupidaggini... —

Le tre zitellone, con gli occhi bassi, fecero con le mani un atto di schifiltà.

— Ma non ne sarà responsabile il signore, — aggiunse subito il signor Cesarino, garbato e sempre benigno.

S’udì per la scala uno sbattimento di panni grevi e di grossi grani di rosario col crocifisso ciondolante. Apparve sotto le ampie ali bianche