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d’avere spiccatissime attitudini, s’è acconciato alla confezione di scenarii cinematografici, con molto sdegno, obtorto collo, per sopperire ai bisogni della famiglia, non bastando al mantenimento di essa la sola dote della moglie e quel che ricava dall’affitto di due stanze mobigliate. Se non che, nell’inferno della sua casa, abituato ormai a vedere il mondo come una galera, pare che, per quanto si sforzi, non riesca a comporre una trama di film, senza che a un certo punto non ci scappi un suicidio. Ragion per cui finora Polacco gli ha sempre rifiutato tutti gli scenarii, visto e considerato che gli Inglesi — assolutamente — non vogliono nelle pellicole il suicidio.

— Che sia venuto a cercar me? — domandò il Polacco alla signorina Luisetta.

La signorina Luisetta balbettò, confusa:

— No... disse... non so... mi sembra, Bertini...

— Ah, birbante! S’è rivolto al Bertini? E, dica, signorina... è entrato solo? —

Nuova e più viva confusione della signorina Luisetta.

— Con la mamma... —

Polacco alzò le mani, aperte, e le agitò un po’ in aria, allungando il viso e ammiccando.

— Speriamo che non avvengano guai! —

La signorina Luisetta si sforzò di sorridere; ripetè:

— Speriamo... —

E mi fece tanta pena vederla sorridere a quel modo, col visino in fiamme! Avrei voluto gridare al Polacco:

— E smetti di tormentarla con codesto interrogatorio! Non vedi che è sulle spine? —