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t’insegue come una pazza! Per sfuggirle, t’aggrappi, ti ripari tra le braccia d’un uomo, che sai senz’anima e capace d’ucciderti, se la tua, per caso, oggi o domani, s’impadronirà novamente di te per ridarti l’antico tormento! Ah, meglio essere uccisa? meglio essere uccisa, che ricadere in questo tormento, di risentirsi un’anima dentro, un’anima che soffre e non sa di che? —

Ebbene, questa mattina, mentre giravo la macchinetta, ho avuto tutt’a un tratto il terribile sospetto, ch’ella — rappresentando, al solito, come una forsennata, la sua parte — volesse uccidersi: sì, sì, proprio uccidersi, davanti a me. Non so com’io abbia fatto a conservare la mia impassibilità; a dire a me stesso:

— Tu sei una mano, gira! Ella ti guarda, ti guarda fiso, non guarda che te, per farti intendere qualche cosa; ma tu non sai nulla, tu non devi intender nulla; gira!

S’è cominciato a iscenare il film della tigre, che sarà lunghissimo e a cui prenderanno parte tutt’e quattro le compagnie. Non mi curerò minimamente di cercare il bandolo di quest’arruffata matassa di volgari, stupidissime scene. So che la Nestoroff non vi prenderà parte, non avendo ottenuto che le fosse assegnata quella della protagonista. Solo questa mattina, per una particolare concessione al Bertini, ha posato per una breve scena «di colore», in una particina secondaria, ma non facile, di giovane indiana, selvaggia e fanatica che s’uccide eseguendo «la danza dei pugnali».

Segnato il campo nello sterrato, Bertini ha disposto in semicerchio una ventina di comparse,